Il trilemma dell’energia: domande e risposte

Assicurare un futuro a basse emissioni di carbonio al pianeta è una priorità. Un imperativo inderogabile secondo il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Intergovernmental Panel on

Data:
20 aprile 2020

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Assicurare un futuro a basse emissioni di carbonio al pianeta è una priorità. Un imperativo inderogabile secondo il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC) e la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change, UNFCCC). Tuttavia il peso delle misure adottate per centrare gli obiettivi dell’accordo di Parigi, firmato nel 2015, non viene sostenuto da tutti i paesi in ugual misura. Nei paesi sviluppati le politiche energetiche nazionali considerano la decarbonizzazione del sistema energetico una priorità, nonostante la richiesta di energia non possa essere soddisfatta al 100% da fonti pulite rinnovabili. Mentre nei paesi più poveri o in via di sviluppo la priorità dei governi è garantire l’accesso all'elettricità della popolazione che ne è sprovvista, rinunciando o rinviando l'adozione sistemi di produzione di energia a minore impatto ambientale. Sulla scia degli accordi di Parigi, molto governi hanno fissato ambiziosi obiettivi di copertura della domanda energetica da fonti rinnovabili nei prossimi dieci anni. Eppure anche in questo scenario fonti fossili come il carbone continueranno ad avere un ruolo, anche se con opportune precauzioni. Basti pensare alla Germania. La sua politica di transizione energetica (nota come Energiewende) prevede il ricorso all'80% delle rinnovabili entro il 2040 e la contemporanea dismissione di tutte le centrali a carbone entro il 2038. L’obiettivo tedesco non sarebbe percorribile se si smantellassero immediatamente tutte le centrali a carbone, pena la compromissione della sicurezza energetica del paese. Le energie rinnovabili non sono adatte da sole a sopperire al carico di base che invece è garantito in maniera sicura dal carbone, oltreché dal gas o dal nucleare. Ecco perché il governo tedesco sta riconsiderando la possibilità di ricorrere a sistemi CCUS (Carbon Capture Utilisation and Storage) negli impianti a carbone, sostenendo in questo modo anche una più rapida crescita delle rinnovabili. Anche al di fuori dell'Europa non è ancora realistico il ricorso esclusivo alle rinnovabili per coprire il carico di base della rete, cosi come non è ancora fattibile la totale elettrificazione dei sistemi di trasporto e delle industrie, soprattutto nelle economie emergenti. Cosa si intende per trilemma dell’energia? Il carbone, il petrolio e il gas naturale hanno alimentato la rivoluzione industriale nei paesi sviluppati. Oggi la crescita della popolazione mondiale richiede sempre in maggior misura un approvvigionamento costante e sostenibile di energia e elettricità. Allo stesso tempo i governi devono impegnarsi a soddisfare la domanda adottando soluzioni a basso costo e a ridotto impatto ambientale. Tre sono i fattori su cui è incentrata la “questione energetica” e tre diverse “dimensioni” identificano il cosiddetto trilemma. Il trilemma dell’energia è un compromesso - un trade-off - tra aspetti politici, economici, sociali-ambientali, che impegna tutti gli Stati a trovare un bilanciamento il più possibile ottimale ed equilibrato di tre aspetti chiave:
  • La sicurezza nell'approvvigionamento energetico, attraverso: la gestione efficace della fornitura di energia elettrica da fonti locali o di esportazione; l’affidabilità delle infrastrutture di trasporto; la capacità di far fronte in ogni eventualità alla domanda di energia attuale e futura;
  • La sostenibilità ambientale, anche in risposta all'emergenza climatica, nella produzione e nell'utilizzo dell’energia, massimizzando l’efficienza energetica negli usi finali e nello stesso tempo ricorrendo alle fonti rinnovabili o a bassa emissione di carbonio;
  • L’equità energetica ossia la garanzia di accesso della popolazione all'elettricità a un prezzo conveniente, agendo sui costi associati alla filiera energetica (la generazione, la trasmissione e la distribuzione e la vendita ai clienti finali).
Trovare un equilibrio tra questi tre aspetti è un'esigenza a livello globale ma la risposta non è univoca, in quanto ogni paese ha le sue priorità e solo alcuni sono pronti a sostenere cambiamenti nel proprio sistema energetico. Il World Energy Council (WEC) ha adottato una rappresentazione molto efficace del trilemma (vedi Figura 1), associando ai vari paesi un punteggio per ogni lato di un ipotetico triangolo in termini di sicurezza, sostenibilità ed equità. La sfida per ogni paese è bilanciare le tre dimensioni in modo da avvicinarsi a un triangolo equilatero con un’area maggiore possibile. L’estensione dell’area del triangolo è variabile nel tempo e risente di modifiche del mix di combustibili, delle politiche energetiche e ambientali e dello sviluppo economico. [caption id="attachment_13059" align="alignnone" width="684"] Figura 1 –Il “triangolo” dell’energia della Svizzera (HIC) e del Niger (LIC) (World Energy Council, WEC, 2017)[/caption] I fattori che attualmente incidono maggiormente sulle dimensioni dei tre “lati”, specie nei paesi emergenti e in via di sviluppo, sono:
  • La trasformazione dei sistemi di produzione di energia elettrica, con l’introduzione delle fonti rinnovabili nel mix energetico;
  • L’ammodernamento dei sistemi di fornitura, con il potenziamento e la digitalizzazione delle reti di trasmissione;
  • L’incremento dell’accessibilità all'energia elettrica nelle regioni con limitato accesso, al fine di salvaguardare la sicurezza energetica senza aggravio dei costi;
  • La garanzia di prezzi dell’energia convenienti per il consumatore e competitivi per le industrie, con il ricorso a combustibili locali a basso costo o con l’applicazione di tariffe o incentivi;
  • L’incremento delle misure di efficienza energetica e l’adozione di sistemi per la gestione della domanda, sia lato consumatore domestico che lato industrie;
  • La decarbonizzazione del settore energetico e i conseguenti benefici ambientali.
Dei 25 paesi col punteggio più alto in termini di capacità di trasformare il proprio sistema energetico, 21 appartengono ad economie avanzate e sono caratterizzati da un alto sviluppo economico, un’elevata sicurezza energetica e un’elevata accessibilità all'elettricità. Spicca l'Europa, che occupa i primi tre posti con Svezia, Svizzera e Norvegia. Paesi come il Regno Unito, la Germania e il Giappone, di piccola estensione ma ben sviluppati, hanno bassi livelli di emissioni di CO2 e un livello di maturità tecnologica sufficientemente elevato per garantire alti livelli di sostenibilità ambientale. Mentre paesi come la Russia, il Sud Africa e l’Iran hanno fra i più bassi valori di emissioni di CO2 ma anche grosse difficoltà di adeguamento e potenziamento del proprio sistema energetico. La sicurezza energetica In base agli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs, Sustainable Development Goals) delle Nazioni Unite, la sicurezza energetica è un requisito fondamentale per la civilizzazione e occupa il vertice dominante del triangolo, in quanto i governi devono adoperarsi con tutti i mezzi a disposizione per assicurare la richiesta di energia elettrica – attuale e futura, in ogni eventualità, specie nelle avversità - anche a discapito di costi di produzione e impatti ambientali maggiori. Per le economie emergenti e i paesi in via di sviluppo, dove parte della popolazione spesso non è connessa alla rete, la disponibilità di energia è ancora un punto debole e pertanto la sicurezza energetica e la sostenibilità ambientale non sono percepite come una primaria necessità. La diversificazione delle fonti di energia (carbone, gas, idroelettrico, solare) è un requisito essenziale di un sistema energetico che si possa definire sicuro, in quanto minimizza i rischi legati a un’offerta insufficiente, specie in situazioni di emergenza. Non è un caso se periodi di crisi lunghi e costosi, in concomitanza di condizioni meteorologiche avverse o estreme o interruzioni impreviste della fornitura elettrica, colpiscano puntualmente le economie che non prevedono misure straordinarie per assicurare la disponibilità di energia elettrica al variare delle situazioni. Soprattutto per queste ragioni anche le economie sviluppate cercano di mettersi al riparo da queste emergenze, ricorrendo alle importazioni di energia elettrica e ai combustibili fossili. Il bilanciamento e la stabilità di questa voce sono garantiti dalla:
  • Flessibilità dei sistemi di produzione, in grado di compensare con fonti tradizionali (carbone, gas, nucleare) l’intermittenza della produzione di energia da fonti rinnovabili – cosiddetta VRE (Variable Renewable Energy);
  • Disponibilità di una riserva energetica (back-up) di emergenza, in grado di assicurare la resilienza del sistema elettrico e soddisfare anche eccezionali richieste di carico della rete;
  • Riduzione temporanea nell'approvvigionamento di energia in situazioni di sovra-produzione (load-shedding);
  • Digitalizzazione del mercato elettrico in modo da rispondere alle fluttuazioni della domanda energetica, a volte imprevedibile.
Attualmente nel settore della produzione energetica, i paesi più sviluppati stanno gradualmente eliminando il carbone a favore delle rinnovabili, anche adottando soluzioni tecnologiche economicamente più dispendiose e più rischiose per la sicurezza energetica degli stati. Altri paesi in Asia, in Africa e in Medio Oriente, invece stanno aggiungendo il carbone al mix energetico, non essendo ancora in grado di sostenere i costi per l’ammodernamento e la digitalizzazione delle reti di trasmissione, richiesti dalle rinnovabili. Oggi il 90% degli impianti a carbone in costruzione nel mondo (più di 170 GWe di potenza) è situato in Asia, dove 65 milioni su 650 milioni di persone non accedono alla rete. In Europa, dove l’eolico, il solare e la biomassa generano attualmente più potenza degli impianti a carbone, il ricorso alle rinnovabili ha avuto una forte crescita negli ultimi 20 anni, anche se nel 2019 sembra essersi fermato, attestandosi al 60% della quota prevista per rispettare gli accordi di Parigi. Il prezzo dell’energia Il prezzo dell’energia è legato ai costi di approvvigionamento del combustibile; a quelli di investimento dell’impianto e operativi di produzione; ai costi di dispacciamento nella rete elettrica e in molti casi anche ai costi affrontati dai governi, in termini di finanziamenti e incentivi statali (tariffe agevolate, carbon tax e meccanismi per sostenere il capacity market). Si comprende allora perché il costo dell’elettricità varia in maniera significativa da paese a paese. Ad esempio, i prezzi medi all'ingrosso in Europa nel 2017 variavano da 34 €/MWh (in Germania) a 54 € /MWh (in Italia). Mantenere costi bassi dell’energia è una questione di interesse primario a livello globale, specialmente nelle economie emergenti. Le più importanti ragioni per cui molti paesi in via di sviluppo continuano a investire sui fossili e in particolare sul carbone sono l'ampia disponibilità del combustibile a livello locale e il basso costo delle tecnologie di produzione. Non è semplice paragonare i costi dell'energia elettrica prodotta da carbone, gas e rinnovabili, a causa della differenza e variabilità dei prezzi di acquisto e di vendita, dei costi di produzione e trasmissione. E’ possibile tuttavia fare delle considerazioni qualitative. Il carbone, al contrario del gas, è in generale un combustibile a basso costo e poco soggetto alle fluttuazioni del mercato. Negli Stati Uniti tra il 2010 e il 2019 il prezzo del carbone si è mantenuto relativamente stabile intorno a 20-25 US$/MWh mentre il prezzo del gas è variato tra 17 US$/MWh e 58 US$/MWh. Attualmente negli Usa il 74% di energia prodotta da carbone risulta più costoso delle alternative rinnovabili. I costi di produzione (esclusi i costi di investimento per la costruzione degli impianti) sono stimabili in 33–111 US$/MWh per il carbone, 28–52 US$/MWh per il solare e 13–88 US$/MWh per l’eolico. Inoltre dal 2025 mantenere in funzione la quasi totalità (86%) della flotta di centrali a carbone statunitensi, per lo più costituita da unità sub-critiche obsolete con una vita utile di più di trent'anni, costerà più dell’eolico e del solare e si prevede che gradualmente le fonti energetiche rinnovabili andranno a sostituire circa 187 GWe di potenza da carbone, riducendo i costi dell’energia del 25%. L’investimento sostenuto dagli Usa per sostituire gli impianti a carbone con impianti rinnovabili, se replicato in India, dove attualmente il prezzo dell’elettricità da carbone è inferiore del 30 % rispetto a quella da rinnovabili, consentirebbe di realizzare un impianto supercritico a carbone con una capacità di 1.4 volte maggiore di un impianto solare e fornirebbe una quantità di energia sei volte maggiore. Nonostante la spinta alle banche e alle compagnie assicurative a non finanziare tutte le attività collegate al carbone, c’è ancora, specie nelle regioni emergenti, un interesse a investire in nuovi impianti e in progetti a zero o basse emissioni di carbonio, competitivi non solo in termini di sicurezza ma anche di costi di produzione. E' il caso degli impianti HELE (High Efficiency Low Emissions) dotati di tecnologie CCUS (Carbon capture utilisation and storage). La sostenibilità ambientale La sostenibilità ambientale è il terzo elemento del trilemma energetico e riguarda la produzione di energia in maniera pulita ed efficiente, minimizzando l’impatto sull'ambiente e preservando le risorse. L’accordo di Parigi non impone un abbandono totale dei fossili ed è sempre maggiore il numero di paesi che ricorrono al carbone, pur introducendo stringenti standard di emissione a garanzia di alti livelli di sostenibilità ambientale. A tal fine vengono incentivate misure di efficienza energetica sia nella produzione - con il ricorso a impianti supercritici e ultra-supercritici con valori di efficienza sino al 50% - sia negli usi finali dell’energia (la direttiva europea sull'efficienza energetica impone ai fornitori e distributori di energia elettrica l’impegno di ottenere un risparmio annuo di energia dell’1.5%). Rispetto agli impianti tradizionali sub-critici, nel settore delle tecnologie HELE le celle a combustibile basate sulla gassificazione, la combustione chemical-looping, i sistemi di ossi-combustione e i cicli a CO2 supercritica possono stimolare la transizione verso sistemi a basse emissioni o emissioni zero, soprattutto se accoppiate a sistemi CCUS (Figura 2). La Cina e il Sud Africa, cosi come l’Europa e gli Stati Uniti, hanno fatto riferimenti, diretti o indiretti alle tecnologie CCUS nei loro impegni nazionali (i cosiddetti NDC: Nationally Determined Contributions). [caption id="attachment_13060" align="alignnone" width="630"] Figura 2 -Maturità delle moderne tecnologie di generazione elettrica da carbone (Sloss, 2019)[/caption] L’utilizzo esclusivo di fonti rinnovabili, pur essendo carbon-neutral, non è attuabile ancora per motivi tecnici e economici. Sino a quando non verranno risolte le sfide relative all'intermittenza e all'accumulo di energia, dare la priorità al solo fattore ambientale, utilizzando le rinnovabili, comporterebbe costi elevati, sostenibili solo dai paesi più ricchi, oltre a indebolire la sicurezza energetica. La maggior parte dei paesi dell’Europa occidentale –Francia, Regno Unito, Olanda, Italia, Portogallo, Germania - hanno adottato politiche per il graduale abbandono del carbone. Mentre i paesi dell’Est europeo non si sono imposti questo obiettivo, marciando in alcuni casi in direzione opposta, come la Polonia, dove l’80 % dell'elettricità è prodotta da impianti a carbone. A livello globale sono numerosi i paesi africani e asiatici – tra cui Nigeria, Kenya, Sud Africa, Egitto, Turchia, Cina, India, Giappone, Filippine e Indonesia - che hanno firmato l’accordo di Parigi includendo il carbone tra le risorse per contribuire agli impegni presi, nonostante le difficoltà legate al ritiro del sostegno finanziario da parte di banche e istituti di credito internazionali. Scenario complesso Il presente rapporto evidenzia uno scenario complesso, dove la sicurezza energetica è l’elemento di maggior impatto dei tre che compongono il trilemma. Quello che indirizza in maniera maggiore le politiche degli Stati, anche in presenza di strategie per limitare la produzione di emissioni di CO2 o per contenere i costi dell’energia. Questa tendenza spiega perché, soprattutto nelle nazioni di recente industrializzazione o in via di sviluppo, la transizione energetica verso sistemi a basse emissioni preveda ancora il carbone nel mix energetico. Bilanciare il trilemma dell’energia non è una questione semplice. Né per i singoli paesi né a livello globale, per ragioni legate alla disponibilità di fonti energetiche, alla situazione politica e ad altre priorità di natura economica e sociale. Ancora oggi il carbone è la chiave prioritaria di accesso all'elettricità in molti paesi e in questo senso è una risorsa vitale per alleviare la povertà e per far crescere le economie. E' la ragione principale che spiega perché i fossili e il carbone in particolare continueranno, nel corso della transizione low-carbon, a essere presenti nel mix energetico in molte regioni al di fuori dell'Europa. Eloria CCC/301 Marzo 2020  Lesley Sloss  e Eusebio Loria

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Ultimo aggiornamento

16/05/2023, 15:58