Idrogeno verde dall’acqua: prospettive e limiti delle tecnologie di elettrolisi
Prospettive di sviluppo dell’idrogeno verde e di avanzamento tecnologico degli elettrolizzatori al World Electrolysis Congress, tenutosi a Dusseldorf dal 4 al 6 marzo.
Data:
11 marzo 2024
La produzione dell’idrogeno attraverso la scissione della molecola dell’acqua nei suoi due elementi principali – idrogeno e ossigeno – è detta elettrolisi e avviene tramite l’utilizzo dell’energia elettrica. Questo processo era già ben noto dalla fine del diciottesimo secolo ed è utilizzato a livello industriale dalla fine del diciannovesimo. Nulla di nuovo dal punto di vista concettuale.
Le esigenze sempre più pressanti della transizione energetica hanno portato a un interesse crescente sul processo di elettrolisi, prima limitato a piccole applicazioni settoriali, e a un enorme sviluppo delle apparecchiature che lo controllano: gli elettrolizzatori.
Le prospettive di sviluppo dell’idrogeno verde e di avanzamento tecnologico degli elettrolizzatori sono state il principale tema di discussione nel corso del World Electrolysis Congress, congresso internazionale tenutosi a Dusseldorf, in Germania, dal 4 al 6 marzo.
L’idrogeno verde nella transizione energetica
Oggi l’idrogeno – impiegato quasi esclusivamente nell’industria siderurgica, chimica e petrolchimica – deriva prevalentemente dal gas naturale o dal carbone, con l’emissione di 9-12 kg di anidride carbonica (CO2) per ogni chilogrammo di idrogeno prodotto. Questo tipo di idrogeno, chiamato gergalmente “grigio”, non rappresenta una soluzione sostenibile dal punto di vista climatico.
L’idrogeno “verde” è prodotto esclusivamente da fonti rinnovabili e rappresenta un tassello chiave della transizione energetica, soprattutto per le potenziali applicazioni ai settori cosiddetti "hard-to-abate" difficili da decarbonizzare con gli approcci convenzionali. Questo grazie ad un suo possibile impiego diretto come combustibile completamente rinnovabile o come mezzo di produzione di altri combustibili rinnovabili (metanolo, benzina, cherosene e molti altri), destinati a sostituire quelli analoghi di origine fossile.
Perciò, alimentato dalle prospettive di sviluppo dell’idrogeno verde, il mercato mondiale sta subendo una forte spinta espansiva a livello internazionale. In Europa, in particolare, le nuove direttive del pacchetto “Fit for 55” (su tutte la RED III sullo sfruttamento delle fonti rinnovabili, la ReFuelEU Aviation sulla decarbonizzazione del trasporto aereo, la FuelEU Maritime sulla decarbonizzazione del trasporto navale e la IET sulle emissioni dei processi industriali), insieme agli ingenti finanziamenti previsti dal piano Repower EU, comporteranno nei prossimi anni una crescita notevole del mercato europeo dell’idrogeno, che entro il 2030 ci si aspetta si possa attestare attorno ai 20 milioni di tonnellate all’anno.
La domanda di idrogeno verde è ancora limitata dall’elevato costo di produzione, oggi molto variabile in base all'applicazione, ma mediamente attorno ai 5-8 €/kg. Proprio questo aspetto rappresenta uno dei fattori chiave che stanno guidando lo sviluppo degli elettrolizzatori.
Il mercato mondiale degli elettrolizzatori
Per poter essere concorrenziale con l’idrogeno grigio, il costo di produzione dell’idrogeno verde – il cosiddetto "levelized cost of hydrogen" (LCoH), calcolato sull’intera vita utile degli impianti di produzione – deve scendere fino a 1-2 €/kg. Si tratta di una sfida tecnologica notevole, considerate le principali problematiche che caratterizzano gli elettrolizzatori: utilizzo di materie prime critiche (prodotte quasi esclusivamente in Cina e nelle regioni meridionali del continente africano) e di acciai speciali per limitare la corrosione degli elettrodi, vita utile ancora limitata e sistemi complessi di gestione dell’energia. Questi sono alcuni tra i principali aspetti su cui stanno lavorando gli operatori del settore, insieme alle necessarie ottimizzazioni dei sistemi integrati finalizzate a massimizzare l’efficienza, l’affidabilità, la flessibilità operativa e la sicurezza delle apparecchiature.
Ma l’aspetto chiave che condiziona e continuerà a condizionare il LCoH è il prezzo d’acquisto dell’energia rinnovabile: la produzione di 1 kg di idrogeno sono necessari circa 50-60 kWh di energia elettrica.
Oggi un elettrolizzatore costa attorno ai 2500 € per kilowatt di potenza nominale – con variazioni in base alla taglia e alla tecnologia specifica di elettrolisi – in tutto il mondo eccetto in Cina, dove, grazie al basso costo di materiali e manodopera, il costo degli elettrolizzatori è dell’ordine di 600 € per kilowatt.
Sebbene gli ingenti finanziamenti pubblici disponibili per lo sviluppo del mercato consentiranno una notevole riduzione del prezzo nei prossimi decenni, oggi stanno avendo l’effetto opposto: il recente aumento della domanda di elettrolizzatori in risposta ai numerosi progetti finanziati non è ancora seguito dal necessario aumento della capacità produttiva da parte delle aziende fornitrici, con la conseguenza di un aumento di prezzo del 10-15% negli ultimi 2 anni.
Quali tecnologie?
La competizione si gioca su quattro tecnologie principali di elettrolisi, più o meno adatte a seconda delle applicazioni.
La tecnologia alcalina, commercialmente matura, affidabile e poco costosa ma anche poco flessibile alle variazioni del carico. La tecnologia con membrana a scambio protonico (PEM, proton exchange membrane), operante a bassa temperatura, molto flessibile ma più costosa rispetto all’alcalina, particolarmente adatta alle applicazioni in integrazione con le fonti energetiche rinnovabili non programmabili (quali solare ed eolico) e ormai abbastanza matura commercialmente. La tecnologia con membrana a scambio anionico (AEM, anion exchange membrane), anch'essa operante a bassa temperatura, molto flessibile ed efficiente ma ancora poco affidabile per via delle limitate applicazioni commerciali. Infine, la tecnologia SOEC (solid oxide electrolyser cell), operante ad alta temperatura, estremamente efficiente ma molto meno flessibile e soprattutto non ancora disponibile commercialmente per applicazioni su larga scala.
Cosa ci aspetta per il futuro
Un mercato in enorme espansione in Europa e nel mondo, con svariate grandi aziende pronte a investimenti ingenti (spesso supportati da fondi Comunitari) per la realizzazione delle cosiddette “gigafactories”, stabilimenti capaci di produrre elettrolizzatori per potenze complessive dell’ordine di centinaia o migliaia di megawatt all’anno. Prezzi di produzione delle apparecchiature che cominceranno auspicabilmente a scendere con l’aumento dell’offerta, che a sua volta riuscirà a seguire l’aumento della domanda. Sistemi più stabili e robusti, che consentiranno alle aziende di fornire agli acquirenti degli impianti di produzione maggiori garanzie sull’affidabilità delle apparecchiature. Il tutto accompagnato dall’aumento della capacità produttiva di energia elettrica rinnovabile, che comporterà necessariamente una riduzione del prezzo del kilowattora.
Tante sono ancora le variabili ma se tutto dovesse andare secondo le strategie dei decisori politici, in Europa e non solo, già tra il 2030 e il 2035 potremmo avere un mercato dell’idrogeno verde e degli elettrolizzatori ben radicato, con costi dello stesso idrogeno e dei combustibili sintetici da esso derivati che inizieranno a essere competitivi rispetto ai combustibili convenzionali.
Non la soluzione a tutti i problemi della transizione energetica ma certamente un contributo indispensabile nel percorso verso la neutralità climatica. APettinau
Questa attività è stata finanziata dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica attraverso la Ricerca di Sistema Elettrico Nazionale (RdS) - Piano Triennale di Realizzazione 2022-2024 - 1.3 Progetto integrato tecnologie dell’idrogeno
Ultimo aggiornamento
09/12/2024, 17:37