Dalla CO2 al dimetiletere: il diesel pregiato

Nuovi risultati per Sotacarbo nello studio sulla trasformazione dell'anidride carbonica in carburanti sintetici (i cosiddetti "e-fuels") e in particolare in dimetiletere (DME).

Data:
03 maggio 2023

DME
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Nuovi risultati per Sotacarbo nello studio sulla trasformazione dell'anidride carbonica in carburanti sintetici (i cosiddetti "e-fuels") e in particolare in dimetiletere (DME). Il lavoro, in collaborazione con il gruppo di ricerca di Chimica dello Stato Solido e Nanomateriali dell'Università di Cagliari, ha permesso di chiarire la correlazione tra le proprietà chimico-fisiche dei catalizzatori utilizzati e la resa del combustibile finale, specialmente in riferimento ai siti acidi. Risultati che incoraggiano la prosecuzione dello studio per poter ulteriormente migliorare le condizioni sperimentali di produzione del combustibile.

L'incoraggiante risultato arriva in coincidenza col dibattito a livello comunitario sugli e-fuels. Lo stop alla vendita di automobili con motori benzina e diesel dal 2035, ha spinto la Germania a promuovere i carburanti sintetici come possibile soluzione per sfruttare anche in futuro la tecnologia attualmente disponibile e consentire la commercializzazione di veicoli con motore a combustione interna alimentati esclusivamente da e-fuel. Da qui la scelta dell’Unione Europea di consentire l'utilizzo di motori a combustione interna oltre la scadenza del 2035 solo se alimentati con e-fuel.

Lo studio si innesta nell'ambito delle ricerche per mitigare l'aumento progressivo della concentrazione di CO2 in atmosfera, che provoca danni ambientali e climatici. In questo senso l'anidride carbonica è considerata un inquinante da eliminare. Considerato il fatto che non può essere completamente abbattuta, giacché tutte la attività umane producono CO2, ecco che si apre la strada per il suo riutilizzo.

Partendo da questa singolare molecola, che non ha odore, non è colorata, è impalpabile e impercettibile per i nostri sensi, una delle opzioni è quella di produrre, in combinazione con l’idrogeno verde, un combustibile “ambientalmente compatibile”, caratterizzato dalla totale assenza di zolfo e con bassissime emissioni di NOx e particolato. Elementi che ne fanno uno dei carburanti più adatti a far da traino alla transizione ecologica verso i traguardi in termini di riduzione delle emissioni di CO2.

La reazione che porta alla produzione del DME a partire dalla molecola di CO2 prevede un passaggio intermedio fondamentale attraverso la formazione del metanolo; il catalizzatore, ovvero il mediatore capace di favorire la reazione, deve possedere due funzioni: idrogenante per la formazione del metanolo e disidratante per la trasformazione finale del metanolo a DME. Con l’obiettivo di progettare dei catalizzatori disidratanti da essere usati come supporti sul quale ospitare la fase idrogenante, lo studio si è focalizzato sulla preparazione di diverse tipologie di alluminosilicati mesostrutturati (note con il nome scientifico di Al-MCM-41, Al-SBA-15 e Al-SBA-16, che si differenziano per la particolare e bizzarra struttura a simmetria esagonale o cubica, rispettivamente) oltre che su allumine mesostrutturate. I risultati della ricerca sono stati quindi pubblicati dalla prestigiosa rivista scientifica internazionale “Journal of Environmental Chemical Engineering” con un articolo dal titolo “On the role of the nature and density of acid sites on mesostructured aluminosilicates dehydration catalysts for dimethyl ether production from CO2” (autori Fausto Secci, Valentina Mameli, Elisabetta Rombi, Sarah Lai, Marco Sanna Angotzi, Patrícia A. Russo, Nicola Pinna, Mauro Mureddu, Carla Cannas).

«Piuttosto che focalizzarsi sui diversi rapporti “silicio/alluminio” che contraddistinguono i diversi studi presenti nella più recente letteratura sull’argomento, il nostro lavoro si è concentrato nel comprendere come le diverse proprietà tessiturali di questi materiali possono influenzare le loro proprietà acide (tipologia, quantità, forza e densità superficiale), queste ultime di fondamentale importanza per ottenere un’alta resa di combustibile finale», spiega Mauro Mureddu, ricercatore Sotacarbo e co-autore del lavoro.

«Il risultato più importante dell’intero studio è la scoperta del ruolo chiave esercitato dalla densità superficiale dei siti acidi, confermandone l’estrema importanza di questi ultimi per l’ottenimento di un catalizzatore disidratante ad alte prestazioni», prosegue Carla Cannas, professoressa e coordinatrice del team di ricerca dell’Università di Cagliari.

I risultati ottenuti rappresentano un solido punto di partenza per lo sviluppo di catalizzatori bifunzionali impiegando la fase acida mesostrutturata come supporto sul quale disperdere la fase idrogenante in forma di nanoparticelle (ovvero particelle il cui diametro è meno di un millesimo di quello dei capelli umani). In particolare, il supporto a struttura cubica (Al-SBA-16) si è mostrato il sistema dalle maggiori prestazioni catalitiche. Queste sono attribuite al fattore chiave dettato dalla più elevata densità dei siti acidi. Uno studio futuro (sul quale si sta già lavorando) includerà l’effetto dell’aumento del rapporto silicio/alluminio sulle prestazioni catalitiche finali.

Grazie al supporto della Regione Autonoma della Sardegna, che ha finanziato parte del lavoro attraverso il progetto “Advanced Sustainable technologieS for Energy Transition, ASSET” project (CUP D43C22002400002), Sotacarbo, da sempre legata al tema della sostenibilità ambientale e all’impatto dei carburanti “tradizionali”, continua a contribuire allo sviluppo di soluzioni essenziali per il progresso sociale aprendo la strada verso un’economia circolare anche nel mondo dei trasporti, tanto più in questo acceso periodo in cui si parla sempre più prepotentemente di carburanti sintetici a livello europeo. MM

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Ultimo aggiornamento

08/06/2023, 11:46