Cattura, utilizzo e confinamento della CO2: quale ruolo nella transizione energetica?

A Calgary la conferenza internazionale GHGT-17, organizzata dalle IEA, sulle prospettive di sviluppo delle tecnologie CCUS, con oltre mille esperti provenienti da tutto il mondo.

Data:
28 ottobre 2024

Cattura, utilizzo e confinamento della CO2: quale ruolo nella transizione energetica?
Cattura, utilizzo e confinamento della CO2: quale ruolo nella transizione energetica?  

Separare l’anidride carbonica (CO2), convertirla in qualcosa di utile oppure stoccarla in modo permanente sottoterra. Un ventaglio di tecnologie (le cosiddette CCUS, dall’inglese “carbon dioxide capture, utilization and storage”) nate per aumentare la produttività dei giacimenti di petrolio e gas naturale iniettando CO2, studiate successivamente anche come approccio per ridurre le emissioni degli impianti a combustibili fossili e ancora oggi viste erroneamente da qualcuno soltanto come uno strumento dei produttori di petrolio e gas per prolungare i propri affari. Ma tutti i più recenti studi sul clima evidenziano che decarbonizzare il settore della produzione di energia elettrica è indispensabile, ma non più sufficiente. Indicano che abbiamo pochi decenni a disposizione per svincolarci definitivamente dall’impiego dei combustibili fossili. E allora, si potrebbe obiettare, le tecnologie CCUS perdono significato? La risposta è no. Anzi, acquisiscono un significato nuovo, molto più ampio e profondo di quello originale, presentandosi come strumento essenziale per la transizione energetica. Nate per potenziare lo sfruttamento dei combustibili fossili, sono oggi, paradossalmente, uno dei principali strumenti per mandarli in pensione.

Delle prospettive di sviluppo delle tecnologie CCUS si è discusso in questi giorni, dal 20 al 24 ottobre, a Calgary, in Canada, nel corso della conferenza internazionale GHGT-17. Organizzata dal programma GHG (greenhouse gas, i gas serra) dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (di cui Sotacarbo è membro), la conferenza, alla sua diciassettesima edizione, ha dato a oltre mille esperti provenienti da tutto il mondo l’occasione per discutere di sviluppo tecnologico, approcci, idee, soluzioni strategiche, proposte commerciali, nonché di stabilire o consolidare collaborazioni internazionali.

Cosa sono le CCUS?

Una premessa è indispensabile: quando si parla di CCUS non si parla di una tecnologia, ma di un’ampia famiglia di decine e decine di approcci, soluzioni tecnologiche, metodiche, processi, più o meno maturi, più o meno adatti ed efficaci per ciascuna specifica applicazione. Un tema ampio e complesso, con mille strade diverse per un unico obiettivo: decarbonizzare.

Catturare la CO2 significa separarla da una miscela di gas, come i fumi di combustione (dove si trova in una concentrazione tipicamente compresa tra il 4 e il 20%) o l’aria (con una concentrazione di 420 ppm, parti per milione, ovvero 400 molecole di CO2 ogni milione di molecole costituenti l’aria). Questo può essere fatto attraverso solventi liquidi o sorbenti solidi (materiali che si legano alla CO2 e poi la rilasciano, concentrata, sotto specifiche condizioni), oppure attraverso appositi sistemi a membrana. Ma anche bruciando i combustibili con ossigeno e ottenendo, come prodotto, una miscela di CO2 e vapore, facilmente separabile per condensazione di quest’ultimo.

La CO2 separata può essere confinata sottoterra in modo permanente, sia pompandola in giacimenti esausti di petrolio e gas, sia confinandola in formazioni acquifere profonde, dove, grazie all’elevata pressione, entrerebbe in soluzione con l’acqua, rimanendone intrappolata.

Oppure, in alternativa, può essere valorizzata, sfruttata come reagente in diverse tipologie di processi (principalmente termochimici o elettrochimici) per la produzione di combustibili e materiali di varia natura.

Tanti approcci e tante tecnologie differenti, per tante differenti applicazioni.

 Kelly Thambimuthu (Presidente del IEA Greenhouse Gas R&D Programme) durante la giornata di apertura del GHGT-17. Foto di Rebecca Hardcastle per concessione di https://ieaghg.org/
Kelly Thambimuthu (Presidente del IEA Greenhouse Gas R&D Programme) durante la giornata di apertura del GHGT-17. Foto di Rebecca Hardcastle per concessione di https://ieaghg.org/

Quali applicazioni?

Come anticipato, si è cominciato a separare la CO2 per pomparla nei giacimenti di petrolio e gas naturale prossimi all’esaurimento, al fine di ripristinare la pressione e incrementare la produzione. E si è a lungo considerata la possibilità di catturare e confinare la CO2 prodotta nelle centrali termoelettriche (soprattutto a carbone) e negli impianti a gas naturale. Approcci che possono tornare utili nei prossimi decenni, per ridurre drasticamente l’emissione di CO2 in atmosfera nella fase di transizione, di svincolo dai combustibili fossili. Non un modo per allungar loro la vita, ma per consentirci di correre ai ripari.

Ma l’interesse per le CCUS va ben oltre queste applicazioni. Basti pensare al settore dell’acciaio, dove l’impiego del coke è indispensabile per il processo, o al settore del cemento, nel quale l’anidride carbonica prodotta può essere mineralizzata migliorando la qualità dei prodotti. Ma la cattura e il successivo confinamento della CO2 possono essere anche applicati agli impianti di generazione elettrica da biomasse, con la conseguenza di un bilancio complessivo non nullo, ma addirittura negativo, del ciclo del carbonio: emissioni negative che portano un effetto diretto sulla riduzione della concentrazione di CO2 in atmosfera.

E poi ci sono le applicazioni, innumerevoli, dove la CO2 catturata può essere impiegata come fonte di carbonio al posto delle convenzionali fonti fossili. Combustibili rinnovabili, materiali da costruzione, beni di consumo. Tutti prodotti da CO2 catturata, con vantaggi sia sul clima (meno emissioni di CO2) che sull’ambiente (meno emissioni di sostanze inquinanti).

Combustibili a emissioni nulle

Qual è il vantaggio sul clima? Pensiamo, per esempio, ai combustibili di derivazione petrolifera usati nel settore dei trasporti: benzina, gasolio, cherosene, nafta, e molti altri, con il carbonio che è rimasto intrappolato per centinaia di migliaia di anni nel sottosuolo sotto forma di petrolio e che viene estratto, raffinato, bruciato nei motori e rilasciato in atmosfera come CO2 (i trasporti incidono per oltre il 16% delle emissioni complessive). Decarbonizzare un settore come questo è estremamente complicato e costoso. Elettrificare è possibile per le auto, meno per i mezzi pesanti. L’idrogeno verde è una buona alternativa per alcune applicazioni, la transizione sarebbe estremamente costosa (si pensi ai trasporti aereo e navale: dovrebbe essere rivisto l’intero sistema, dai motori alla logistica, con investimenti enormi).

Proprio le CCUS rappresentano la soluzione più promettente e immediata perché, accoppiate con la produzione di energia da fonti rinnovabili, consentono di chiudere il ciclo del carbonio. Gli stessi combustibili, infatti, si possono oggi produrre riutilizzando la CO2, separata dall’atmosfera con appositi sistemi di cattura, e fatta reagire con idrogeno prodotto da fonti rinnovabili. E quando questi combustibili (i cosiddetti e-fuels, proprio perché prodotti a partire dall’elettricità rinnovabile) vengono bruciati nei motori, non fanno altro che riemettere in atmosfera l’anidride carbonica precedentemente separata. Un ciclo chiuso del carbonio alimentato con elettricità rinnovabile.

Tim Dixon (direttore generale IEAGHG). Foto di IISDENB – Angeles Estrada Vigil per concessione di https://ieaghg.org/
Tim Dixon (direttore generale IEAGHG). Foto di IISDENB – Angeles Estrada Vigil per concessione di https://ieaghg.org/

Verso emissioni negative

Non solo. Si pensi alla separazione e al confinamento geologico della CO2, che inizialmente erano pensati come sistemi per la decarbonizzazione delle centrali termoelettriche a combustibili fossili. Se al posto dei combustibili fossili le stesse tecnologie si applicassero agli impianti alimentati con biomasse di scarto, si renderebbe il bilancio negativo: le piante crescono, prelevando CO2 dall’atmosfera, ma quando vengono bruciate non rilasciano la CO2 perché questa viene catturata e confinata in modo permanente. Le cosiddette BECCS, bio-energie integrate con sistemi di cattura e confinamento della CO2. Con due risultati in uno: meno emissioni di gas serra e meno materiale di scarto da smaltire. Esempio virtuoso di economia circolare.

Prospettive

Gli esempi di cui sopra son solo due delle tante frecce fornite delle tecnologie CCUS all’arco della transizione energetica. E le sessioni della conferenza GHGT-17 di Calgary ne hanno evidenziato tanti, sottolineando le grandi prospettive di sviluppo delle tecnologie. Acciaio, cemento, costruzioni, trasporti, industria chimica e molti altri settori dovranno necessariamente ricorrere a queste tecnologie se si vogliono conseguire gli obiettivi della neutralità climatica.

La sfida è chiara: migliorare le prestazioni delle tecnologie per ridurne i costi; adottare scelte politiche e strategiche per promuoverne lo sviluppo; rafforzare le collaborazioni tra enti, università e aziende per accelerarne la diffusione; definire i vincoli necessari a garantirne la sicurezza; stabilire accordi e protocolli internazionali per gestire gli scambi transfrontalieri. E da ultimo, ma non meno importante, coinvolgere la popolazione, rendendola informata e consapevole al fine di evitare allarmismi totalmente infondati. In pochi decenni son stati fatti passi da gigante, ma la strada è ancora lunga.

I programmi di ricerca di Sotacarbo

Uno sviluppo tecnologico rapido, spinto dall’esigenza sempre più pressante di raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica, nel quale Sotacarbo riveste, ormai da anni, un ruolo di primo piano.

Tante sono le tecnologie CCUS in fase di sviluppo presso il Centro Ricerche di Carbonia: valorizzazione energetica delle biomasse e dei rifiuti per produrre idrogeno ed energia elettrica separando l’anidride carbonica; tecnologie di cattura con solventi liquidi e sorbenti solidi; conversione della CO2 in combustibili sintetici, anche attraverso l’idrogeno da fonti rinnovabili, altro importante tema di ricerca; sistemi di monitoraggio dei siti di confinamento geologico per garantirne la sicurezza e l’affidabilità. Un impegno a tutto campo reso possibile dalle competenze acquisite, da infrastrutture di primo piano e da una rete di collaborazioni di eccellenza a livello nazionale e internazionale (che eventi come questo aiutano a rafforzare e potenziare), che ha portato Sotacarbo a operare in consessi internazionali di primissimo livello quali il SET Plan (organo consultivo dell’Unione europea sulle politiche energetiche), l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) e consorzi quali CO2 Value Europe ed ECCSEL, una rete internazionale di oltre cento infrastrutture di ricerca di eccellenza proprio sulle tecnologie CCUS. APettinau

Questa attività è stata finanziata dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica attraverso la Ricerca di Sistema Elettrico Nazionale (RdS) - Piano Triennale di Realizzazione 2022-2024 - 1.3 Progetto integrato tecnologie dell’idrogeno

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Ultimo aggiornamento

11/11/2024, 13:42