CO2: un prezzo da pagare
Un’azione efficace per contenere gli effetti del riscaldamento globale. Così molti economisti valutano la proposta di attribuire un prezzo alle emissioni di gas serra come l’anidride carbonica
Data:
11 dicembre 2020
Un’azione efficace per contenere gli effetti del riscaldamento globale. Così molti economisti valutano la proposta di attribuire un prezzo alle emissioni di gas serra come l’anidride carbonica (CO2).
Sin dal 1990 diversi governi hanno emanato leggi o approvato provvedimenti per fissare il prezzo della CO2. Attualmente le economie che attribuiscono un valore alla CO2 coprono circa il 22% delle emissioni globali ed esistono 61 sistemi che assegnano un valore alla CO2: 31 si basano su un meccanismo Ets e 30 sulla tassazione del combustibile primario. Molti paesi stanno considerando di introdurre nelle loro economie uno di questi schemi per mantenere gli impegni assunti con i Contributi nazionali determinati (Ndcs - Nationally Determined Contributions) previsti dall’accordo di Parigi (COP21) e perseguire il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdgs) previsti dalle Nazioni Unite, in particolare gli obiettivi 7 (energia pulita e economica) e 13 (azioni sul clima).
Questo report passa in rassegna e analizza nel dettaglio, con particolare riferimento alla generazione elettrica da carbone, le strategie messe in atto da vari paesi per assegnare un prezzo alle emissioni carbonio: dal sistema europeo Ets (Emissions trading system) all'americano Rggi (US Regional greenhouse gas initiative) per finire con l'Ets cinese.
Poiché per tutti questi sistemi la stabilità del mercato delle emissioni rappresenta una grossa sfida, vengono illustrate anche le azioni necessarie (tra cui i prezzi di riserva d’asta) per riequilibrare e stabilizzare i vari mercati. L’impatto sulla produzione di energia elettrica da carbone è stato negli anni evidente ma spesso non prevedibile, in quanto strettamente legato all’andamento della produzione industriale e agli obiettivi economici imposti dai governi.
I produttori avrebbero dovuto abbandonare il carbone, penalizzato da più alti livelli di emissione. Tuttavia questo cambiamento è avvenuto solo sporadicamente. Alcuni paesi sono passati al gas naturale o hanno cambiato il mix di combustibili mentre altri sono stati obbligati a ricorrere al carbone come unica fonte energetica.
In Europa il sistema Ets è complementare agli obiettivi imposti per combattere i cambiamenti climatici. I legislatori comunitari sperano in questo modo di incentivare il passaggio dal carbone ad altre risorse energetiche meno inquinanti. In Cina, al contrario, il sistema Ets salvaguarda i produttori di energia elettrica da carbone, contenendo i prezzi della CO2 per poter continuare a sostenere lo sviluppo economico del paese.
I costi sulle emissioni stimolerebbero anche il ricorso a tecnologie low carbon, come le Ccus (Carbon capture utilisation and storage) e le rinnovabili, e le entrate derivanti potrebbero essere utilizzate per sostenere altre iniziative tecnologiche, nonché programmi per facilitare la transizione energetica delle regioni più dipendenti dai combustibili fossili.
La determinazione del prezzo del carbonio non è una soluzione univoca, quindi è necessario adottare una visuale più ampia e prendere in considerazione anche il contesto sociale, economico e politico di ciascun paese prima di implementare una sistema di scambio delle quote di emissione. I prezzi della CO2 possono servire sia come strumento economico che come segnale dell'impegno di un paese nel combattere il cambiamento climatico.
Esistono due strategie per attribuire un valore alla CO2: la prima è quella di tassare il combustibile di partenza; la seconda consiste nel fissare il valore totale delle emissioni inquinanti consentite in una determinata area e successivamente attribuirne una quota alle varie aziende che operano in quel territorio. Queste ultime sono poi autorizzate a vendere le eventuali quote di emissione non utilizzate ad altre compagnie o a industrie, che invece hanno emesso più di quanto fissato. Questo meccanismo prende il nome di Emissions Trading System (Ets).
Attualmente il sistema Ets europeo risulta essere il più maturo. La sua evoluzione si è compiuta in quattro fasi. La prima è iniziata nel 2005 e si è conclusa nel 2007, ed è servita ad acquisire conoscenze in questo nuovo settore e a distribuire gratuitamente le quote di emissione. Nella fase due, dal 2008 al 2012, sono state revisionate le stime sulla quantità di emissioni inquinanti che risultavano sovrastimate. Nella fase tre, che terminerà quest'anno, sono stati eliminati i limiti nazionali di emissione a favore di un unico limite a livello europeo e le quote sono state assegnate attraverso aste. Nell’ultima fase, la quarta, che terminerà nel 2030, il sistema ETS europeo cambierà il limite di emissione europeo riducendolo del 2,2 % l’anno. In questo modo si garantirà una maggiore stabilità del prezzo delle emissioni e nello stesso tempo i maggiori attori europei saranno spinti ad adottare impianti più efficienti e puliti dal punto di vista ambientale. Attraverso le aste di vendita delle emissioni sarà possibile finanziare la ricerca scientifica sull’energia rinnovabile e l'implementazione delle tecnologie Ccus.
Nella figura 1 è riportato l’andamento del prezzo della CO2 nei vari sistemi di tassazione a livello mondiale.
[caption id="attachment_14178" align="alignnone" width="629"] Figura 1 Andamento del prezzo della CO2 nei vari sistemi di tassazione[/caption]
Come si può vedere, a seguito della crisi finanziaria del 2008, il prezzo della CO2 è crollato in molti paesi, ad eccezione degli Usa, e si è mantenuto basso (tra 2.5 e 10 €/tCO2) per diversi anni. Questo ha rallentato gli investimenti per ridurre le emissioni inquinanti.
Il settore della produzione dell’energia elettrica “paga quanto emette”, essendo soggetto a questi meccanismi. Poter comprendere l’evoluzione del prezzo della CO2 diventa cruciale per la redditività degli impianti termoelettrici, soprattutto se alimentati a carbone. Quest’ultimi presentano un fattore di emissione specifica, espresso in kgCO2/MWh, maggiore rispetto agli impianti alimentati a gas naturale.
Come riportato in figura 2, diversi paesi europei hanno pianificato un graduale abbandono (phase-out) degli impianti alimentati a carbone.
[caption id="attachment_14179" align="alignnone" width="639"] Figura 2 Dismissioni previste degli impianti a carbone europei[/caption]
Entro i prossimi 10 anni l’Europa avrà quasi eliminato il carbone dal proprio mix energetico. L’aumento del prezzo della CO2 farà accelerare questo processo, promuovendo la conversione degli impianti esistenti. Un altro fattore importante è il prezzo del gas naturale, che negli ultimi anni si è ridotto sensibilmente, rendendo l’utilizzo del carbone sempre meno conveniente. Un aumento del costo della CO2, unitamente al bassissimo costo del gas naturale, può rendere ancora più antieconomico l’esercizio degli impianti termoelettrici a carbone, con perdite ingenti per gli operatori del settore.
Quando il prezzo della CO2 è alto gli operatori del settore riducono la produzione elettrica, in quanto le tecnologie attualmente a disposizione non sono sufficienti a far lavorare questo tipo di impianti ad alta efficienza. Sarebbe auspicabile investire parte dei ricavi provenienti dalla tassazione delle emissioni in ricerca e sviluppo, in modo da sviluppare nuove tecnologie meno inquinanti e più moderne.
Negli anni si è osservato un prezzo della CO2 oscillante e imprevedibile, di conseguenza gli investimenti nel settore termoelettrico alimentato a carbone hanno dovuto gestire un fattore di rischio aggiuntivo. È auspicabile, per favorire la transizione verso una economia sostenibile dal punto di vista ambientale, avere una quotazione dell’anidride carbonica sufficientemente alta e costante nel tempo.
Un altro aspetto cruciale per il settore energetico è la necessaria gradualità del mutamento dello scenario normativo. Cambi repentini del quadro normativo di riferimento possono lasciare gli operatori del settore senza il necessario tempo per adeguare gli impianti.
Una strategia che si è rilevata vincente per il settore energetico e che ha fatto scuola a livello mondiale è il sistema di tassazione sulle emissioni di CO2 introdotto in Norvegia. Nel 1991 le tasse sulle emissioni inquinanti erano sufficientemente alte da rendere economicamente vantaggiosi i progetti di Carbon capture and storage (Ccs). I progetti Ccs di Sleipner e Snøhvit sono i più vecchi al mondo e risultano essere ancora redditizi. I costi per l’iniezione dell’anidride carbonica si attestavano a 17 $/tCO2 e risultavano di gran lunga inferiori ai 50 $/tCO2 necessari per liberarla direttamente in atmosfera. L’esperienza norvegese ha dimostrato che una elevata tassazione delle emissioni inquinanti e un tasso di crescita costante nel tempo favoriscono l'innovazione tecnologica.
Soltanto introducendo un sistema di tassazione delle emissioni inquinanti stabile e con un andamento prevedibile, si può consentire un vero sviluppo del settore industriale. Un sistema Ets instabile è inefficiente e non assicura nuovi investimenti tecnologici da parte delle compagnie energetiche. Nello stesso tempo è indice di uno scarso impegno dei politici a contribuire alla mitigazione del cambiamento climatico. APorcu
CCC/308
SETTEMBRE 2020
Autore: Stephanie Metzger
Ultimo aggiornamento
16/05/2023, 15:56