Biomasse: residuali o colture dedicate?

Lo scorso 30 settembre a Sanluri Sotacarbo ha assistito al seminario “Biomasse” organizzato da Sardegna Ricerche-Sportello Energia con la collaborazione dell’Istituto di Scienze per la Vita

Data:
09 ottobre 2014

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Lo scorso 30 settembre a Sanluri Sotacarbo ha assistito al seminario “Biomasse” organizzato da Sardegna Ricerche-Sportello Energia con la collaborazione dell’Istituto di Scienze per la Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Il seminario, rivolto prevalentemente a tecnici del settore (agronomi, biologi, ingegneri e architetti), ha analizzato il quadro delle politiche energetiche in Europa e in Italia per poi concentrarsi sul tema centrale della giornata: i sistemi colturali a destinazione energetica utilizzabili in Sardegna per la produzione di biogas e/o biocombustibili ad uso prevalentemente energetico. "Attualmente solo una piccola parte delle biomasse utilizzate a fini energetici proviene dal comparto forestale, mentre molto promettente è il comparto residuale (non dedicato) e non solo agricolo" ha sottolineato Efisio Scano del Laboratorio Biocombustibili e Biomasse di Sardegna Ricerche. Nell'Isola la tendenza futura è la sostituzione delle colture dedicate (quindi soprattutto il mais) con materiali residuali di altri processi produttivi (ad es. la scotta e gli stralci di potatura delle viti) abbassando così drasticamente i costi di approvvigionamento da 40-50 €/t a 4-5 € /t. Gli investimenti energetici che si basano su questo genere di materiali hanno un tasso interno di redditività buono che crolla però nel caso delle colture dedicate - in relazione ai costi elevati della materia prima. Fra i vari sistemi colturali, con riferimento anche a studi e esperienze su scala dimostrativa, sono state selezionate le colture perenni non autoctone che possono essere coltivate utilizzando acque reflue o di scarto di altri processi produttivi, adatte a suoli marginali (critici) o siti inquinati e climi aridi dove non sarebbe possibile impiantare colture dedicate a uso alimentare. Le colture perenni rispetto a quelle annuali hanno una resa energetica elevata; per ogni GJ speso in energia nella crescita si producono 50 GJ disponibili a fini energetici. Tra le colture più promettenti – ha sottolineato Nicoletta Nassi o Di Nasso della Scuola Superiore Sant’Anna - la canna comune (coltura perenne spontanea) ha ottime caratteristiche sia in fase di coltivazione e crescita sia in termini di resa energetica. La canna tollera i contaminanti nel suolo, non necessita di concimi né di trattamenti disinfestanti e cresce anche in terreni sabbiosi e climi caldi. Un aspetto negativo per un suo utilizzo diretto come combustibile è l’elevato contenuto di ceneri (anche superiori a 11-12 % wt tipiche del cardo). La canna è ideale per la fermentazione anaerobica anche in relazione ai suoi elevati contenuti di umidità sino al 50%. Altre colture “innovative” impiantabili in Sardegna che presentano caratteristiche simili sono il miscanto e il panìco (switchgrass). Quest’ultimo ha una elevata produttività e resa (25 t/s.s.*ha), un’elevata efficienza dal punto di vista fotosintetico, un’ottima crescita in suoli marginali ma è difficile da seminare. Uno degli utilizzi di queste colture alternativi alla produzione di biogas è la produzione di bio-etanolo che attualmente è prodotto da orzo, mais, canna da zucchero (bio-etanolo di 1a generazione) o per idrolisi di materiale lignocellulosico (bio-etanolo di 2a generazione). Queste colture tuttavia hanno un costo ancora molto elevato e necessitano ancora di incentivi per il loro sfruttamento a fini energetici. Non rimane che svilupparle su scala sempre maggiore per ampliarne il mercato e renderle competitive in ogni fase del loro ciclo di vita: dalla crescita allo sfruttamento. E la Sardegna risulta la sede adatta per “sperimentare” queste colture alternative. EL

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