Come la CO2 si trasforma in carburante
Produrre combustibili sostenibili a zero emissioni da anidride carbonica e idrogeno verde è l'obiettivo della collaborazione tra Sotacarbo e il gruppo di Chimica dello Stato Solido.
Date:
09 March 2023
Produrre combustibili sostenibili a zero emissioni da anidride carbonica e idrogeno verde è l'obiettivo della collaborazione tra Sotacarbo e il gruppo di Chimica dello Stato Solido e Nanomateriali dell’Università degli Studi di Cagliari, concentrata sulla trasformazione della CO2 – mediante la sua scissione – in un carburante utile quale il Dimetiletere (DME).
Perché il dimetiletere è così importante? Per i suoi molteplici impieghi: nel settore automobilistico e nei trasporti marittimi, dove la necessità di grandi quantitativi di energia stoccata a bordo, unita alle caratteristiche di rapidità di rifornimento, può renderlo complementare allo sviluppo dell’elettrico.
La reazione che dalla molecola di CO2 porta alla produzione del dimetiletere prevede un passaggio intermedio, attraverso la formazione del metanolo; il catalizzatore, ovvero il mediatore capace di favorire la reazione, deve possedere due funzioni: "idrogenante", per la formazione del metanolo, e "disidratante", per la trasformazione finale del metanolo a dimetiletere. Proprio come in una catena di montaggio in cui le lavorazioni avvengono secondo una sequenza prestabilita, le due funzioni all’interno del catalizzatore devono contribuire equamente alla formazione del dimetiletere, secondo una determinata sequenza.
Il catalizzatore, che sostiene questa reazione, oggetto dell’ultimo lavoro, è stato “progettato” in laboratorio impiegando una particolare forma cristallina dell’ossido di alluminio, i cui precursori per la sua preparazione sono materiali disponibili in grandi quantità sul mercato e a prezzi contenuti.
Qui l’originalità del lavoro: aver messo a punto una metodica di sintesi chimica che ha permesso l’ottenimento di questo materiale in forma "mesostrutturata", ovvero contenente dei pori con diametro compreso tra 2 e 50 nm (immaginate di essere stati ridotti di circa 1.5 miliardi di volte, quindi la vostra altezza diventa 1 nanometro). All’interno di questi pori sono state introdotte delle piccolissime nanoparticelle di fase attiva di rame, zinco e zirconio, che consentiranno al materiale di funzionare come catalizzatore bifunzionale, intervenendo sia nella reazione di formazione del metanolo, sia in quella della conversione di quest’ultimo verso il prodotto desiderato.
Questi risultati sono stati appena pubblicati dall’importante rivista scientifica internazionale “Catalysts” in un articolo dal titolo “Mesostructured γ-Al2O3-Based Bifunctional Catalysts for Direct Synthesis of Dimethyl Ether from CO2”, dove le prestazioni catalitiche di questi materiali sono state messe a confronto e correlate con delle avanzate tecniche di caratterizzazione microstrutturale per chiarire i meccanismi governanti l’efficacia del catalizzatore preparato. La natura, forza e quantità dei siti acidi, indispensabile per caratterizzare questo tipo di catalizzatori, è stata esplorata, presso l’Institut für Chemie and IRIS Adlershof della Humboldt University di Berlino, grazie ad una particolare tecnica analitica chiamata: spettrometria FT-IR con molecola sonda di piridina.
I risultati del lavoro hanno messo inoltre in evidenza i vantaggi e gli svantaggi legati al particolare metodo di sintesi proposto per la preparazione – non sempre semplice - di un catalizzatore bifunzionale.
Lo studio fa parte del progetto “Advanced Sustainable technologieS for Energy Transition, ASSET” project (CUP D43C22002400002), finanziato dalla Regione Autonoma della Sardegna, azionista di maggioranza della Sotacarbo, per contribuire allo sviluppo di soluzioni utili ad aprire la strada a un’economia circolare anche nel mondo dei trasporti. MM
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15/11/2023, 13:44