Be COVID smart: la regola per le città

Da Covid-19 non si può scappare, è necessario conviverci, identificando i rischi, istituendo piani di emergenza e protocolli e adottando tutte le misure per proteggersi. Il distanziamento sociale

Date:
15 April 2020

BIG_SFC_Oceanix-City_Image-by-BIG-Bjarke-Ingels-Group_53
BIG_SFC_Oceanix-City_Image-by-BIG-Bjarke-Ingels-Group_53  
Da Covid-19 non si può scappare, è necessario conviverci, identificando i rischi, istituendo piani di emergenza e protocolli e adottando tutte le misure per proteggersi. Il distanziamento sociale è una delle misure messe in atto e verrà senza dubbio estesa anche nelle fasi successive. Nell'articolo “Riprogettare le città all’aria aperta” avevamo sottolineato il ruolo cardine di una nuova gestione della densità nei centri abitati per assicurarne la ripresa delle attività economiche e sociali. Affinché le misure di contenimento adottate non causino un blocco permanente, occorre ingegnarsi, proprio come è avvenuto in passato con minacce naturali improvvise, che hanno colpito alcune regioni del pianeta e da cui sono nate iniziative e sono seguiti studi a scopo di prevenzione, protezione e sicurezza delle collettività. Un esempio illuminante è stato la campagna del 2007-2010 “Be tsunami smart” – Sii intelligente nello tsunami - lanciata dal Centro di ricerca sismica dell’Università delle Indie Occidentali (UWI), l’agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (USAID) e l’agenzia caraibica per la gestione delle emergenze (CDEMA) per fornire un kit di emergenza, sensibilizzare la popolazione ma anche addestrarla nel caso di maremoto. All'epoca l’invito rivolto in modo imperativo era “scappare”, non appena “si percepisce, o si sente con le proprie orecchie o si vede con i propri occhi” la catastrofe in arrivo. L’imprenditore Mark Collins Chen, non appena si rese conto che un terzo di tutte le isole (118 in totale) della Polinesia francese sarebbero state sommerse tra il 2035 e il 2050, nel 2018 fondò una società Oceanix. Nel 2019,  in collaborazione col Centro per l’ingegneria Oceanica del MIT e la società Bjarke Ingels Group (BIG), propose alle Nazioni Unite il progetto della "prima comunità galleggiante", un salvagente in grado di ospitare le persone colpite da inondazioni, tsunami e uragani, non solo completamente resistente ai disastri naturali ma anche autosufficiente e totalmente sostenibile. Oceanix è una città modulare, capace di crescere, trasformarsi e adattarsi nel tempo, passando da un quartiere di 300 abitanti ad una città di 10.000 abitanti (Figura 1). Nonostante la natura "molecolare" della città, smontabile e rimodellabile in caso di grandi cambiamenti meteorologici, Oceanix garantisce su ogni “isolotto” tutte le funzioni sociali, ricreative e commerciali indispensabili: piazze, chiese, scuole, centri sportivi e culturali. [caption id="attachment_13090" align="alignnone" width="548"] Figura 1-Le tre dimensioni di Oceanix - fonte OCEANIX/BIG-Bjarke Ingels Group[/caption] L'impatto avuto da Covid-19 su abitudini e stili di vita è, per molti versi, paragonabile a quello dello tsunami. Come riuscire allora a non farsi travolgere? Come poter restare a galla in un mondo di pandemia? Adottando strategie e approcci multi-scala del tutto analoghi. Disperdendo in maniera efficiente le attività abituali di chi abita nei grandi centri urbani, adottando gli schemi di una vera e propria città molecolare e diffusa, sviluppata su scale dimensionali via via crescenti. Come? Parcellizzando le attività e i luoghi dove vengono svolte, dislocandole in più punti per evitare affollamento e aggregazione, prevedendo protocolli per lo svolgimento delle attività. Meno affollamento significa anche un controllo più efficace delle regole da mettere in atto. Niente di irrealizzabile. Un rinomato studio di architettura olandese Shift Architecture Urbanism ha progettato un modello di un mercato di strada che consentirebbe alle persone di non rinunciare, in regime di pandemia, ai prodotti freschi senza però entrare in contatto.  Il progetto si fonda sul concetto di dividere i mercati alimentari esistenti e disperderli nei quartieri (Figura 2), disciplinando i giorni e gli orari di apertura, creando così un arcipelago di "Micro mercati iper-locali” all'aperto e a rischio minimo. [caption id="attachment_13070" align="alignnone" width="411"] Figura 2 -Dai grandi mercati centralizzati ai piccoli micromercati dispersi fonte Shift Architecture Urbanism[/caption] L’originalità del progetto è nel protocollo sviluppato per l’implementazione e la gestione dei mercati (Figura 3). Il micro-mercato si sviluppa su una griglia di 16 quadrati, è dotato di un bancone per fare l’ordine e uno per la consegna, ha un solo ingresso ma due uscite e solo sei persone possono essere presenti contemporaneamente al suo interno. Le persone possono muoversi liberamente; l'unica regola è che solo una persona alla volta può occupare un quadrato della griglia. Tale assetto consente di mantenere pienamente intatta la funzione vitale dei mercati, anzi rafforzarla, minimizzando però il loro ruolo potenziale nella diffusione del virus.   [video width="1000" height="562" mp4="https://www.sotacarbo.it/wp-content/uploads/2020/04/SHIFT_HYPERLOCAL-MICROMARKETS_04_GIF.mp4" loop="true" autoplay="true"][/video]

Figura 3 -Il modello del micro-mercato nella pratica - fonte Shift Architecture Urbanism

Le città saranno costrette a contemplare il più possibile parte dei modelli di confinamento che stiamo vivendo attualmente. Un approccio che, se ci pensiamo bene, rientra nella sfida già in atto, prima dell’emergenza sanitaria in corso, della riqualificazione urbana efficiente dei centri abitati consolidati. Adottare schemi innovativi, al limite della fantascienza solo qualche tempo prima, sarà la regola. ELoria

Image gallery

Useful links

More information

Last update

16/05/2023, 15:45