Trent’anni di COP: risultati o vuote promesse?

Trent’anni dalla sua prima edizione, dieci dallo storico Accordo di Parigi; la Conference of the Parties (Cop) ha davvero portato a risultati concreti?

Date:
21 November 2025

Trent’anni di COP: risultati o vuote promesse?
Trent’anni di COP: risultati o vuote promesse?  

Trent’anni dalla sua prima edizione, dieci dallo storico Accordo di Parigi; la Conference of the Parties (Cop) ha davvero portato a risultati concreti?

Il cambiamento climatico è ormai riconosciuto come una sfida di natura transnazionale, che richiede risposte condivise.  È nei primi anni ’90, con il Summit della Terra di Rio del 1992, che prende forma la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), e con essa nasce il suo organo decisionale: la Cop.

Nasce per rispondere all’esigenza di creare un appuntamento fisso in cui prima i leader politici, e poi anche le organizzazioni internazionali, la comunità scientifica, la società civile, le grandi aziende e gli attivisti, possano confrontarsi per trovare soluzioni comuni alla crisi climatica.

Il ruolo della Cop è vigilare sull’attuazione della Convenzione, adottare decisioni che ne favoriscano l’applicazione, negoziare nuovi obiettivi condivisi da raggiungere e spingere i Paesi a un impegno sempre più concreto verso gli obiettivi climatici condivisi.

Nel corso di questi trent’anni di attività, sono vari i momenti rilevanti per la diplomazia climatica – nel bene e nel male – che meritano di essere ricordati:

  • Cop1 (1995 – Berlino) segna l’inizio della strategia di contenimento delle emissioni, con obiettivi di lungo periodo e vincolanti, per i soli Paesi sviluppati.
  • Cop3 (1997 – Kyoto) si conclude con la firma del Protocollo di Kyoto, primo accordo internazionale legalmente vincolante per i Paesi firmatari, che fissa l’obiettivo di ridurre le emissioni del 5% rispetto ai livelli del 1990.
  • Cop15 (2009 – Copenaghen) considerata il primo grande fallimento, in quanto le Parti non riuscirono a gettare le basi per un nuovo accordo in grado di superare il Protocollo di Kyoto di 12 anni prima.
  • Cop16 (2010 – Cancún) ufficializza l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura media globale a +2°C rispetto ai livelli preindustriali e introduce i primi strumenti di monitoraggio degli impegni nazionali.
  • Cop21 (2015 – Parigi) adotta l’Accordo di Parigi, dando avvio un nuovo percorso più condiviso e in linea con le raccomandazioni dalla comunità scientifica. Gli obiettivi principali sono: limitare l’aumento della temperatura a +1,5°C; coinvolgere attivamente i Paesi in via di sviluppo; riconoscere il ruolo decisionale delle organizzazioni internazionali, del settore privato e della società civile. Restano aperte questioni cruciali, come l’assenza di un sistema vincolante di sanzioni e il rinvio della creazione del Fondo per Perdite e Danni (Loss & Damage Fund) richiesto dai Paesi più vulnerabili alle conseguenze del cambiamento climatico, prodotto dalle economie sviluppate.
  • Cop24 (2018 – Katowice) nonostante il contesto di forti tensioni in cui si è svolta, attraverso l’adozione del Katowice Climate Package sono definite le regole operative dell’Accordo di Parigi e in particolare le metodologie per monitorare i progressi sugli obiettivi Nazionali (NDC).
  • Cop25 (2019 – Madrid) caratterizzata da una mobilitazione globale senza precedenti spinta soprattutto dai movimenti giovanili ispirati da Greta Thunberg e da nuovi equilibri internazionali, come il dietrofront degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi. Non si registrano risultati storici, ma emergono obiettivi più ambiziosi, tra cui la neutralità climatica entro il 2050.
  • Cop26 (2021 – Glasgow) appuntamento cruciale per verificare gli impegni assunti a Parigi, segnato anche dal ritorno degli Stati Uniti e da un nuovo slancio globale nella lotta ai cambiamenti climatici, con l’accordo per ridurre l’uso del carbone. Tuttavia, restano insufficienti gli impegni finanziari e le misure per mantenere il riscaldamento globale entro +1,5°C.
  • Cop27 (2022 – Sharm al Sheik) si apre con l’allarme della comunità scientifica sull’insufficienza delle azioni intraprese. Il tema centrale diventa la giustizia climatica: viene finalmente approvato il Fondo per Perdite e Danni, che riconosce il diritto dei Paesi più colpiti dagli impatti climatici a ricevere sostegno economico per adattamento e mitigazione.
  • Cop28 (2023 – Dubai) la prima Cop ospitata in un Paese produttore di combustibili fossili, genera scetticismo e tensioni diplomatiche. È tuttavia significativa perché rappresenta la prima verifica ufficiale dei progressi dell’Accordo di Parigi, con l’approvazione del bilancio globale (Global Stocktake). Tra i passi avanti: una dichiarazione sulla necessità di abbandonare gradualmente i combustibili fossili e un impegno per triplicare la capacità globale di energia rinnovabile entro il 2030.
  • Cop29 (2024 – Baku) l’attenzione è rivolta principalmente al tema della finanza climatica sulla spinta dalla coalizione dei Paesi insulari e più vulnerabili. Viene definito un nuovo obiettivo di finanziamento, superiore a quanto fissato a Parigi, che coinvolge anche le grandi economie emergenti e il settore privato. Restano però insufficienti i progressi concreti sulla mitigazione e sulla riduzione delle emissioni.

In trent’anni di attività, se alcune edizioni hanno segnato vere e proprie svolte nella governance climatica globale, altre hanno messo in luce i limiti della diplomazia climatica.

La Cop30, in corso a Belém, alle porte della foresta amazzonica, ci riporta in Brasile, dove nel 1992 si è tenuta la Conferenza di Rio. Un segno concreto di inversione di rotta o un caso isolato dopo un triennio di conferenze ospitate in Paesi legati alla produzione di combustibili fossili. Aspettiamo di capire se si allungherà la lista delle conferenze che hanno fatto davvero la differenza o se resterà uno dei tanti appuntamenti simbolici senza risultati concreti. LD

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21/11/2025, 11:35